martedì 11 novembre 2025

IL FUTURO NON SARÀ PER TUTTI: BISOGNEREBBE CHIEDERCI COSA CI STA CHIEDENDO E SE SAREMO PRONTI A RISPONDERE



Il futuro potrebbe non essere  accessibile a chiunque.

Non perché esisterebbero porte chiuse, ma perché potrebbero servire chiavi interiori che molti non possiedono ancora.
Il punto non sarebbe cosa sta arrivando, ma cosa ci verrà chiesto quando arriverà.

Molti pensano che il futuro sia un semplice progresso tecnologico: più strumenti, più comodità, più conoscenza.
Invece, potrebbe accadere l’opposto: più evoluzione potrebbe richiedere meno certezze, meno dogmi, meno rigidità.

Forse il futuro richiederebbe una nuova disposizione mentale, un aggiornamento evolutivo non tanto nelle informazioni, quanto nelle capacità interiori – discernimento, sensibilità, ascolto, intuizione.


La scienza: risposte senza domande?

La scienza, che per sua natura sarebbe nata come un inno alla curiosità, oggi sembrerebbe essersi cristallizzata.
La sua forza originaria risiedeva nel domandarsi, nell’indagare ciò che non si comprendeva fino a incontrare il limite successivo.
Oggi, invece, sembrerebbe agire come se le risposte più importanti fossero già state date.

Non è affatto che la scienza non sappia pensare:
è che, culturalmente e finanziariamente, sembrerebbe essersi orientata su ciò che può essere misurato, verificato, replicato.
Tutto il resto verrebbe scartato senza nemmeno essere considerato.

Eppure, sarebbe legittimo chiedersi:
se qualcosa fosse reale ma non (ancora) misurabile, smetterebbe per questo di esistere?

La scienza ufficiale, almeno in apparenza, eviterebbe questo tipo di quesiti.
Non si direbbe che non possa affrontarli:
semplicemente… non vuole.

E questo potrebbe essere un problema.

Perché se il futuro richiedesse strumenti interiori per cogliere ciò che non è immediatamente verificabile, affidarsi esclusivamente alla scienza misurabile potrebbe rivelarsi un limite, non una garanzia.


Il tradimento delle domande

La scienza si sarebbe tradita nel momento in cui avrebbe smesso di dare valore alle domande per concentrarsi quasi solo sulle risposte.
E risposte rassicuranti, spesso già anticipate dagli interessi economici che la sostengono.

Non sarebbe una colpa dei ricercatori – tantissimi sono curiosi, onesti e indipendenti.
Ma l’istituzione scientifica nel suo insieme potrebbe essersi irrigidita nella convinzione di aver già compreso tutto ciò che conta, o di aver detto tutto ciò che serve al sistema.

Ed è proprio qui che sorge spontanea una domanda:

agli scienziati – o ai seguaci della scienza – davvero non verrebbe voglia di sapere se esiste qualcosa al di là del misurabile?

Possibile che l’universo sia limitato a ciò che può essere certificato in laboratorio?
Possibile non esista nulla che sfugga ai cinque sensi?
Possibile che le dimensioni della realtà coincidano solo con quelle già comprese?

Se le risposte fossero “sì”, allora saremmo di fronte non alla scienza…
ma a un nuovo credo.


Una nuova capacità: il “sentire”

Forse ciò che ci verrà richiesto non sarà “sapere di più”, ma “sentire meglio”.

Il sentire non sarebbe il contrario della razionalità.
Sarebbe la capacità di stare davanti all’inesplicabile senza scartarlo.
La capacità di cogliere significati non evidenti, di percepire connessioni sottili, di lasciarsi interrogare.

Il sentire non sostituirebbe la scienza.
Ma la completerebbe.

Senza questa qualità, il futuro – se davvero porterà cambiamenti di ordine più ampio – potrebbe risultare non solo incomprensibile, ma addirittura inaccessibile.

Perché riconoscere ciò che arriva richiederà probabilmente non strumenti esterni, ma strumenti interiori.


Essere compatibili col futuro

Forse il futuro non selezionerà i più forti, i più ricchi o i più informati.
Forse selezionerà chi avrà maturato una sensibilità nuova: un’intelligenza che non dipende dai dati, ma dall’esperienza diretta dell’esistenza.

Chi vorrà entrare nel futuro potrebbe dover:

  • saper ascoltare prima di giudicare

  • saper dubitare prima di negare

  • essere disposto ad accogliere ciò che non capisce

  • cercare domande, non risposte

Non ci verrebbero chiesti dogmi, ma disponibilità.
Non ci verrebbe chiesta conoscenza, ma apertura.

Il futuro non sarebbe per tutti non perché qualcuno lo vorrà escludere…
ma perché non tutti vorranno mettersi in discussione.


Conclusione

Potrebbe darsi che il vero salto evolutivo non sia tecnologico ma interiore.
Che il vero “nuovo mondo” non sia fuori ma dentro.
Che le domande – più delle risposte – siano l’unica cosa davvero indispensabile.

Forse il futuro ci chiederà questo:
essere curiosi di ciò che ancora non sappiamo di non sapere.

E allora sì: il futuro non sarà per tutti.
Sarà per chi avrà il coraggio di domandare.

Davide Ragozzini per Maestro Silenzio Edizioni

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