mercoledì 29 ottobre 2025

Credo nella Scienza (ma quale?) — La responsabilità del discernimento

 



“Credo nella scienza.”
Una frase che oggi risuona come una dichiarazione di fede, un atto di appartenenza, quasi una formula di identità sociale.
Eppure, se ci fermiamo un attimo, questa affermazione cela una domanda tanto semplice quanto scomoda:

“Sì, ma in quale scienza?”

Perché la scienza non è un blocco monolitico, non è una religione con un solo catechismo.
È un campo vivo, mutevole, fatto di confronto, ipotesi, errori, correzioni.
Eppure, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una progressiva trasformazione: la scienza, o meglio una certa scienza, si è fatta istituzione, dogma, voce ufficiale.

La scienza ufficiale e la scienza di coscienza

Da un lato c’è la scienza ufficiale, quella che parla attraverso i grandi media, i ministeri, le industrie farmaceutiche, le fondazioni finanziate da capitali enormi.
È una scienza potente, che produce risultati e guadagni, che influenza governi, che si intreccia con l’economia e la politica.
Ma è anche una scienza che mostra sempre più chiaramente i segni della propria corruzione sistemica: conflitti di interesse, censura del dissenso, eliminazione del confronto.

Dall’altro lato, c’è quella che potremmo chiamare la scienza di coscienza.
Quella dei ricercatori che non si accontentano, che mettono in dubbio i dogmi consolidati, che chiedono nuove verifiche, che propongono visioni alternative.
Scienziati che, per la loro indipendenza, vengono spesso derisi, radiati, isolati.
Eppure, senza di loro, la scienza stessa non esisterebbe: perché la scienza nasce proprio dal dubbio, non dal consenso.

La fede cieca e la perdita del discernimento

E qui entra in gioco la questione più delicata: come può un cittadino orientarsi in mezzo a due verità che si scontrano?
Chi non possiede le competenze tecniche deve necessariamente “fidarsi”. Ma di chi?
Di chi ha più soldi e più voce?
Di chi appare in TV con un titolo e un tono rassicurante?
O di chi, pur senza megafono, solleva domande che nessuno osa affrontare?

“Credere nella scienza”, allora, diventa una frase vuota se non è accompagnata da discernimento.
Perché la scienza vera non chiede di essere creduta: chiede di essere osservata, verificata, messa alla prova.
La fede cieca, anche quando si ammanta di razionalità, resta fede cieca — e quindi vulnerabile alla manipolazione.

Il potere della propaganda e la responsabilità individuale

Oggi il potere mediatico ha assunto un’influenza tale da sostituirsi spesso alla coscienza individuale.
Non si limita a informare: forma il pensiero, orienta le opinioni, costruisce le versioni ufficiali della realtà.
E l’individuo, travolto da questo flusso costante, tende ad adeguarsi.
Non per cattiva fede, ma per stanchezza. Per convenienza. Per paura di essere escluso.

Ma la responsabilità resta sua.
Ogni volta che accettiamo una verità preconfezionata, che rinunciamo a porre domande, che scambiamo la sicurezza per conoscenza, stiamo cedendo una parte del nostro potere.
E forse questa stessa dinamica è parte di un disegno più ampio: una dualità funzionale, necessaria a risvegliare la responsabilità personale.

La dualità come motore evolutivo

In ogni epoca, il sapere ufficiale e quello eretico si sono scontrati.
Ma proprio da quel conflitto è nata l’evoluzione.
Forse il sistema stesso, con le sue contraddizioni, è progettato per spingerci a scegliere, per farci uscire dall’apatia intellettuale e assumerci la piena responsabilità del nostro discernimento.
Perché se tutto fosse chiaro, se una sola verità fosse disponibile e indiscutibile, non ci sarebbe crescita, ma solo obbedienza.

La vera libertà nasce dal dubbio consapevole, non dalla certezza imposta.
E il dubbio, lungi dall’essere un segno di debolezza, è l’atto più nobile dell’intelligenza.

Conclusione: oltre la fede, la coscienza

Non si tratta più di “credere” o “non credere” nella scienza, ma di riscoprire il senso stesso del sapere.
Di ricordare che la conoscenza autentica nasce dall’esperienza, dall’osservazione, dal confronto, dall’umiltà di riconoscere i limiti.

In un mondo che proclama certezze a ogni notiziario, il vero atto rivoluzionario è tornare a pensare con la propria testa, a sentire con il proprio cuore, a verificare con la propria esperienza, ascoltare con il cuore le varie voci degli esperti.

Solo così la scienza potrà tornare ad essere ciò che era destinata ad essere:
non un dogma da credere, ma una via per conosce

Davide Ragozzini per Maestro Silenzio Edizioni

 

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